Dal 25 ottobre 2025 al 4 aprile 2026 il Museo Renato Brozzi, a Traversetolo (PR), ospiterà una mostra dedicata all’attività di medaglista dello scultore Armando Giuffredi (Montecchio Emilia, 1909 – 1986), che lo stesso Brozzi ebbe come caro amico e stimò molto come artista.
Curata da Roberto Cobianchi, con l’ausilio del figlio dell’artista stesso, Augusto Giuffredi, che ha messo a disposizione le opere, la mostra “Di getto e di conio. Armando Giuffredi medaglista”, presenta per la prima volta con carattere monografico un aspetto fondamentale dell’opera dello scultore Armando Giuffredi: le medaglie e le placchette.
Per quasi cinquant’anni, infatti, l’artista si dedicò sistematicamente alla realizzazione di medaglie e placchette; la mostra di Traversetolo offre uno spaccato di questo consistente lavoro artistico nel suo sviluppo stilistico, inquadrandolo nel più ampio contesto dell’arte della medaglia nei decenni centrali del Novecento.
Questa mattina, sabato 25 ottobre, si è tenuta l’inaugurazione della mostra, alla presenza del Sindaco di Traversetolo, Simone Dall’Orto e del Vicesindaco con delega alla Cultura, Elisabetta Manconi.
L’inaugurazione è stata preceduta da una presentazione della mostra nella Sala Consiglio della Corte Agresti, sede del museo. Sono intervenuti: Rosa Maria Villani, responsabile dei Progetti tecnici artistici speciali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Roberto Cobianchi, storico dell’arte e curatore della mostra; Anna Mavilla, curatrice onoraria del museo Renato Brozzi e Augusto Giuffredi, curatore della mostra.
Nativo di Montecchio Emilia, Giuffredi si perfezionò nell’arte della medaglia frequentando la Scuola della Medaglia della Zecca di Stato di Roma dal 1935 al 1938.
Negli anni romani, la crescita intellettuale di Giuffredi si alimentò degli stimoli offerti dall’avanguardia artistica della cosiddetta Scuola di via Cavour, e di Scipione in particolare, che di quell’ambiente fu il vero protagonista. La routine romana di Giuffredi venne però drammaticamente sconvolta dall’entrata in guerra dell’Italia e, a fine ‘42, dal richiamo alle armi. Terminato il conflitto lo scultore lasciò Roma per ristabilirsi definitivamente a Montecchio Emilia, dove la sua vita prese un corso pacato ma estremamente produttivo, in cui l’insegnamento all’Istituto d’Arte di Reggio Emilia ebbe una parte non secondaria.
Insieme alla scultura monumentale, la medaglistica fu per quasi cinquant’anni il campo di ricerca in cui Giuffredi si applicò con maggiore impegno e la mostra, con opere provenienti dall’archivio Giuffredi, ripercorre nel suo sviluppo stilistico questa significativa parte del lavoro dell’artista.
Il catalogo che accompagna l’esposizione, con saggi di Roberto Cobianchi, Augusto Giuffredi, Anna Mavilla, curatrice onoraria del museo Renato Brozzi, e Rosa Maria Villani, responsabile dei Progetti tecnici artistici speciali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, inserisce per la prima volta l’opera di Giuffredi nel più ampio contesto dell’arte della medaglia nei decenni centrali del Novecento, senza trascurare lo specialismo tecnico di tale produzione.

“Oggi – ha dichiarato Simone Dall’Orto, sindaco di Traversetolo – inauguriamo una mostra che ci sta particolarmente a cuore, che illumina un capitolo fondamentale dell’opera di Armando Giuffredi, quello delle medaglie e targhette. Nato a Montecchio Emilia, Giuffredi è per noi un concittadino onorario nello spirito, amico del nostro Renato Brozzi e da lui stimato come artista. Come Comune di Traversetolo da anni coltiviamo un percorso di valorizzazione non solo del nostro illustre Renato Brozzi, ma di tutti gli artisti del territorio, talvolta poco conosciuti eppure di indubbio valore. L’obiettivo è portare queste storie e questi talenti su un palcoscenico nazionale, affinché trovino il riconoscimento che meritano. La mostra di oggi è una tappa importante di questo cammino. Ringrazio tutti coloro che, a vario titolo, l’hanno resa possibile”.
“La mostra dedicata all’attività di medaglista dello scultore Armando Giuffredi – ha confermato Elisabetta Manconi, Vicesindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Traversetolo – si inserisce all’interno di un più ampio progetto di valorizzazione promosso dall’Amministrazione Comunale, volto a riscoprire e rendere omaggio ad artisti legati alla figura di Renato Brozzi o al contesto culturale a lui coevo. Ad aprire questo ciclo è stata la mostra Renato Brozzi e la scultura animalista italiana tra Otto e Novecento, curata dal professor Alfonso Panzetta, tra i massimi studiosi della scultura italiana del periodo. È seguita l’esposizione Mario Minari (1894-1962) da Traversetolo a Roma e ritorno, a cura di Anna Mavilla, che ha riportato all’attenzione del pubblico l’opera di un altro artista traversetolese di rilievo. Questa esposizione costituisce un ulteriore capitolo di una storia dell’arte talvolta definita “minore”, ma che dimostra – attraverso le opere presentate e la qualità dei contributi – un livello culturale e artistico di grande valore. Il Museo Renato Brozzi è motivo di orgoglio per la nostra comunità e, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale, continua a proporsi come luogo di conoscenza, memoria e valorizzazione del patrimonio culturale e delle radici del nostro territorio”.
“Con grande soddisfazione, – ha evidenziato Anna Mavilla, curatrice onoraria del Museo Renato Brozzi – il Museo Renato Brozzi di
Traversetolo ha inaugurato un nuovo capitolo della sua missione di valorizzazione del patrimonio artistico del territorio, attraverso questa mostra. Il legame fra Renato Brozzi (1885-1962) e Armando Giuffredi (1909-1986) ha ragioni profonde. Affratellati da alcune forti componenti comuni di carattere, di energia creativa e di visione artistica, la loro vicinanza d’elezione trova numerosi terreni d’incontro, tanto che le loro vite possono considerarsi in qualche misura “parallele”: la nascita nella provincia emiliana in due paesi posti a una manciata di chilometri l’uno dall’altro, Traversetolo e Montecchio Emilia; l’appartenenza a famiglie di modeste origini, non molto diverse per condizione economica; l’accesso a mestieri artigiani d’eccellenza propiziato dall’apprendistato svolto da giovanissimi, l’uno nella Fonderia Baldi di Traversetolo, l’altro nella bottega artigiana dei fratelli Brindani di Montecchio, abilissimi intagliatori di mobili, arte sacra e carri agricoli; la frequentazione della Regia Scuola dell’Arte della Medaglia; ma soprattutto la natura autodidatta della propria cultura fondata sulla pratica del mestiere (appreso prima dell’arte) nel senso antico del termine. Ma oltre all’amore per l’arte, ad unirli è stata un’amicizia sincera, mai inquinata da invidie o gelosie, come attestano numerose lettere del carteggio intercorso fra i due dal 4 dicembre 1938 al 30 dicembre 1953. Sappiamo tuttavia, grazie alle dichiarazioni dei familiari di Giuffredi, che i due artisti restarono comunque in contatto e che Armando si recò più volte a Traversetolo a trovare l’anziano maestro negli anni del tramonto. L’ultima attestazione del loro lungo sodalizio è la partecipazione di Giuffredi all’allestimento del Museo Renato Brozzi, la cui costituzione nasceva dalla volontà dell’artista traversetolese di destinare al paese natale quanto ancora gli restava della sua produzione. In occasione dell’inaugurazione, avvenuta il 10 giugno 1975, Giuffredi realizzava una medaglia in bronzo, recante al dritto il ritratto dell’artista e nel verso un gruppo di “damigelle di Numidia”, uno dei temi animalier più amati e ricorrenti nell’iconografia dell’artista”.

Rosa Maria Villani, responsabile dei Progetti tecnici artistici speciali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, racconta che nel 1935 Armando Giuffredi vinse il concorso di ammissione alla Scuola dell’Arte della Medaglia della Zecca di Roma, diretta da Giuseppe Romagnoli, scultore e docente di modellazione, con l’insegnamento di Pietro Giampaoli per l’incisione. Fondata nel 1907, la Scuola era ormai una realtà consolidata e rappresentava un punto di riferimento nella formazione degli artisti capace di coniugare la tradizione classica con le nuove istanze del linguaggio moderno.
Dopo aver illustrato il contesto di questa particolare Scuola d’Arte all’interno della Zecca, Villani analizza come Giuffredi, proveniente da una formazione artigiana e pratica, trovò in questa istituzione il luogo ideale dove trasformare il mestiere in espressione artistica.
La medaglia divenne per lui il campo di sperimentazione privilegiato. Giuffredi affrontò con serietà lo studio del disegno, del modellato, del bassorilievo e dell’incisione a taglio diretto, ottenendo risultati eccellenti e vincendo le borse di studio del biennio ordinario e la borsa per il terzo anno di perfezionamento. Nel suo quaderno del 1937 annotava: «La vita che conduco in questo periodo è ordinata. Cerco di allargare la mia cultura artistica […]. Le esperienze, lo studio e il mestiere sono cose indispensabili all’artista».
Per Giuffredi, lo studio della medaglia non era semplice arte applicata, ma una sintesi perfetta tra tecnica, mestiere e invenzione artistica, un linguaggio capace di unire rigore e sensibilità.
L’estro di Giuffredi spazia incredibilmente ma un filo conduttore c’è sempre. Per l’artista, la medaglia è sempre una “piccola scultura”. All’interno del catalogo, Roberto Cobianchi, storico dell’arte e curatore della mostra, spiega cosa intendesse l’autore.

“Per capire che cosa Giuffredi intendesse quando affermava che la medaglia coniata può essere un’opera d’arte, purché l’artista ne curi «ogni fase della lavorazione affinché la sua creazione non scada», – ha scritto nel suo saggio Roberto Cobianchi – bisogna osservare con attenzione le decine tra medaglie o placchette che realizzò su commissione di enti pubblici o associazioni private, per le circostanze più varie, dalle celebrazioni standhaliane tenutesi a Parma nel 1950 alla IV Rassegna Nazionale d’Arte Drammatica di Reggio del 1954, fino al nucleo unitario di medaglie eseguite tra il 1978 e il 1983 per il Circolo numismatico filatelico «Lelio Orsi» di Novellara. Per Giuffredi, infatti, non era sufficiente elaborare graficamente un’idea compositiva in un modello definitivo di presentazione, ma bisognava pensare l’invenzione plastica in maniera che andasse oltre una sua semplice trasposizione tridimensionale del disegno, la si doveva immaginare per una tridimensionalità mirata alla successiva traduzione meccanica con il pantografo in un conio, la cui misura sarebbe stata molto inferiore al modello. Da magistrale medaglista quale era, Giuffredi riusciva a ottenere questo risultato nei suoi modelli in gesso, che poi affidava per la coniazione esclusivamente alle più importanti ditte italiane del settore: SAF26, Lorioli Fratelli27 e Stabilimento Stefano Johnson28.
Come allievo della Scuola della Medaglia Giuffredi non si era poi perfezionato soltanto nella modellazione, ma anche nel taglio diretto, nello sbalzo e nel cesello, tutte tecniche naturalmente connesse all’oreficeria, che avrà un ruolo importante tanto nella sua carriera artistica, quanto in quella di insegnate; infatti, per molti anni egli fu professore di progettazione nella sezione di arte dei metalli della Scuola d’arte, poi Istituto d’arte, di Reggio Emilia”.

L’esposizione “Di getto e di conio. Armando Giuffredi medaglista” ha ottenuto un finanziamento nell’ambito del Progetto PNRR-NextGenrationEU M1 C3-3. Intervento1.2 – Rimozione delle barriere fisiche e cognitive nei musei e nei luoghi della Cultura pubblici non appartenenti al Ministero della Cultura. È promossa dal museo e dal Comune di Traversetolo, ha il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Comune di Parma, Comune di Montecchio Emilia e Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma, la collaborazione del Liceo artistico statale Paolo Toschi di Parma



